Parco Nomade
Coordinamento Architettonico: ANOMIASTUDIO architetture
Presidente: Francesco Nucci
Curatore generale del programma: Achille Bonito Oliva
Comitato Scientifico:
Arti Visive - Danilo Eccher, Lorand Hegyi, Jan Hoet
Sezione Architettura - Amedeo Schiattarella, Claudio Presta, Emilia Giorgi, Nicola Di Battista
Progetto del Paesaggio: João Nunes [PROAP]
Direzione Lavori: Arch. Vincenzo Giorgi
Data: 2010
Luogo: Riserva Naturale “Tenuta dei Massimi” presso il Casale Pisano, Roma
Committente: Fondazione VOLUME!
Area: 3400 mq
Importo Lavori: € 3,500,000
Il progetto Parco Nomade, partendo dall’esperienza che VOLUME! ha accumulato nel corso degli anni, si prefigge lo scopo di ri-pensare il concetto di arte pubblica, oltre quello di rilanciare, attraverso la forza dell’arte, un territorio periferico come quello di Corviale. Il parco si estende all’interno della riserva naturale della Tenuta dei Massimi, su un piano verde di proprietà della società Emefin (circa 40 ettari). Il progetto prevede l’istallazione sul territorio (che rimarrà a destinazione agricola, trasformandosi quindi in base al succedersi delle stagioni) di diversi “moduli”, realizzati dagli artisti proposti dalla Fondazione in coppia con architetti di fama internazionale. I moduli saranno nomadi, ovvero trasportabili in altri ambiti, territori e città; altre istituzioni e musei, potranno richiederne il prestito momentaneo, determinando nuove occasioni di scambio e sperimentazione con realtà culturali italiane e straniere. L’operazione è prodotta in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma e si muove con l’obiettivo di intraprendere un dialogo proficuo con una nuova parte della città e fissare il primo caposaldo della riqualificazione dell’area. L’intenzione è quella di creare un laboratorio aperto e continuo che, attraverso appuntamenti mensili e attività educative, stimoli la partecipazione di un pubblico vasto ed eterogeneo e coinvolga la comunità del quartiere.
I moduli
Il singolo contenitore modulare e, in maniera sistemica, la sua moltiplicazione e la sua collocazione nello spazio generano nel tempo infiniti assetti spaziali, realizzando relazioni e rapporti di volta in volta differenti con l’ambiente nel quale si collocano. Un paesaggio quindi mutevole ma allo stesso tempo privo di segni permanenti, un intervento reversibile e leggero, forte solo nelle idee di spazio che di volta in volta vengono proposte allo spettatore.
Gli stessi contenitori sui quali sono chiamati ad intervenire artisti e architetti nel loro assetto di partenza si presentano aperti su ogni lato, poggiati semplicemente al suolo. Elementi staticamente semplici, alti 2,80 metri per una larghezza trasportabile di 2,40 metri con lunghezze variabili in grado di passare da 6 a 12 metri a seconda delle differenti esigenze compositive che di volta in volta si presenteranno. Strutture quindi le più flessibili possibile, plasmabili e modellabili dal lavoro collettivo dell’artista e dell’architetto.